Carissimi,
eccoci oggi a meditare il famoso miracolo di Gesù sul paralitico che venne calato dal tetto, così come ci viene riportato da Marco.
E ora godiamoci anche la lettura dell’Evangelo a riguardo di questo fatto straordinario (e anche un inedito seguito), che avviene nel primo anno della Vita Pubblica di Gesù:
Maria Valtorta: L’Evangelo come mi è stato rivelato. [64.1-7] – ed. CEV)
[…] (Tutto il brano può essere letto nel riquadro qui fianco.)
Gesù ha finito.
5«Maestro», grida Pietro di fra la calca, «qui vi sono i malati. Due possono attendere che Tu esca, ma questo è pigiato fra la folla e poi… non può più stare. E passare non possiamo. Lo rimando?».
«No. Calatelo dal tetto».
«Dici bene. Lo facciamo subito».
Si sente scalpicciare sul tetto basso dello stanzone che, non essendo vera parte della casa, non ha sopra la terrazza cementata, ma solo un tettuccio di fascine coperte da scaglie simili a lavagna. Non so che pietra fosse. Si forma un’apertura, e a mezzo di corde viene calata la barellina su cui è l’infermo. Viene proprio calata davanti a Gesù. La gente si aggruppa più ancora per vedere.
«Hai avuto gran fede e con te chi ti ha portato!».
«Oh! Signore! Come non averla in Te?».
«Orbene, Io ti dico: figlio (l’uomo è molto giovane), ti sono rimessi tutti i tuoi peccati».
L’uomo lo guarda piangendo… Forse resta un poco male perché sperava guarire nel corpo.
I farisei e dottori bisbigliano fra loro arricciando naso, fronte e bocca con sdegno.
«Perché mormorate, più ancor nel cuore che sul labbro? Secondo voi è più facile dire al paralitico: “Ti sono rimessi i tuoi peccati”, oppure: “Alzati, prendi il lettuccio e cammina”? Voi pensate che solo Dio può rimettere i peccati. Ma non sapete rispondere quale è la più grande cosa, perché costui, perduto in tutto il corpo, ha speso sostanze senza poter essere sanato. Non lo può se non da Dio. Or perché sappiate che tutto Io posso, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha potere sulla carne e sull’anima, sulla Terra e nel Cielo, Io dico a costui: “Alzati. Prendi il tuo letto e cammina. Va’ a casa tua e sii santo”».
L’uomo ha una scossa, un grido, si alza in piedi, si getta ai piedi di Gesù, li bacia e carezza, piange e ride e con lui i parenti e la folla, che poi si divide per farlo passare come in trionfo e lo segue festante. La folla, non i cinque astiosi che se ne vanno tronfi e duri come pioli.
6Così può entrare la madre col piccino: un bambino ancora lattante, scheletrito. Lo tende, dice solo: «Gesù, Tu li ami questi. Lo hai detto. Per questo amore e per tua Madre!…», e piange.
Gesù prende il poppante, proprio moribondo, se lo pone contro il cuore, se lo tiene un momento col visuccio cereo dalle labbruzze violacee e le palpebre già calate, contro la bocca. Un momento lo tiene così… e quando lo stacca dalla sua barba bionda, il visetto è roseo, la bocchina fa un incerto sorriso d’infante, gli occhietti guardano intorno vispi e curiosi, le manine, prima serrate e abbandonate, annaspano fra i capelli e la barba di Gesù, che ride.
«Oh! figlio mio!», grida la mamma beata.
«Prendi, donna. Sii felice e buona».
E la donna prende il rinato e se lo stringe al seno, e il piccolo reclama subito i suoi diritti di cibo, fruga, apre, trova e poppa, poppa, poppa, avido e felice.
Gesù benedice e passa. Va sulla soglia dove è il malato di gran febbre.
«Maestro! Sii buono!».
«E tu pure. Usa la salute nella giustizia». Lo carezza ed esce.
7Torna sulla riva, seguito, preceduto, benedetto da molti che supplicano: «Noi non ti abbiamo udito. Non potevamo entrare. Parla a noi pure».
Gesù fa cenno di sì e, siccome la folla lo stringe sino a soffocarlo, monta sulla barca di Pietro. Non basta. L’assedio è incalzante. «Metti la barca in mare e scostati alquanto».
La visione cessa qui.
Anche per questo brano ogni commento è inutile, ma le lacrime sono doverose ogni volta che Gesù guarisce un malato e soprattutto un bambino!
La pace sia con voi.
Giovanna