Maria Valtorta: L’Evangelo come mi è stato rivelato. [627.1-17]
1Sono raccolti nel Cenacolo. La sera deve essere ben tarda, perché nessun rumore viene più dalla via né dalla casa. Penso che anche quelli che erano venuti prima si siano tutti ritirati o alle proprie case o a dormire, stanchi di tante emozioni.
I dieci invece, dopo aver mangiato dei pesci, di cui ancora qualcuno sussiste su un vassoio posato sulla credenza, stanno parlando sotto la luce di una sola fiammella del lampadario, la più vicina alla tavola. Sono ancora seduti alla stessa. E hanno discorsi spezzati. Quasi dei monologhi, perché pare che ognuno, più che col compagno, parli con se stesso. E gli altri lo lasciano parlare, magari parlando a loro volta di tutt’altra cosa. Però quei discorsi slegati, che mi fanno l’impressione dei raggi di una ruota sfasciata, si sente che appartengono ad un solo argomento che li accentra, anche se così sparsi. E che è Gesù.
2«Non vorrei che Lazzaro avesse udito male, e meglio di lui avessero capito le donne…», dice Giuda d’Alfeo.
«A che ora ha detto di averlo visto la romana?», chiede Matteo. Nessuno gli risponde.
«Domani io vado a Cafarnao», dice Andrea.
«Che meraviglia! Fare sì che esca proprio in quel momento la lettiga di Claudia!», dice Bartolomeo.
«Abbiamo fatto male, Pietro, a venire via subito questa mattina… Fossimo rimasti, lo avremmo visto come la Maddalena», sospira Giovanni.
«Io non capisco come poté essere a Emmaus e in palazzo insieme. E come qui dalla Madre, e dalla Maddalena e da Giovanna insieme…», dice a se stesso Giacomo di Zebedeo.
«Non verrà. Non ho pianto abbastanza per meritarlo… Ha ragione. Io dico che per tre giorni mi fa aspettare per le mie tre negazioni. Ma come, come ho potuto fare quello?».
«Come era trasfigurato Lazzaro! Vi dico: pareva lui un sole. Io penso gli sia successo come a Mosè dopo avere visto Dio. E subito – vero, voi che eravate là? – subito dopo avere offerto la sua vita!», dice lo Zelote. Nessuno lo ascolta.
3Giacomo d’Alfeo si volta da Giovanni e dice: «Come ha detto a quelli di Emmaus? Mi pare che ci abbia scusati, non è vero? Non ha detto che tutto è avvenuto per il nostro errore di israeliti sul modo di capire il suo Regno?».
Giovanni non gli dà nessuna retta e, volgendosi a guardare Filippo, dice… all’aria, perché a Filippo non parla: «A me basta di saperlo risorto. E poi… E poi che il mio amore sia sempre più forte. Visto, eh! È andato, se voi guardate, in proporzione all’amore che avemmo: la Madre, Maria Maddalena, i bambini, mia madre e la tua, e poi Lazzaro e Marta… Quando a Marta? Io dico quando ella intonò il salmo davidico: “ Il Signore è mio pastore, non mi mancherà nulla. Egli mi ha posto in luogo di abbondanti pascoli, mi ha condotto ad acque ristoratrici. Ha richiamato a Sé l’anima mia…”. Ricordati come ci fece sussultare con quell’inaspettato canto? E quelle parole si riconnettono a quanto ha detto: “Ha richiamato a Sé l’anima mia”. Infatti Marta sembra avere ritrovato la sua via… Prima era smarrita, lei, la forte! Forse nel richiamo le ha detto il luogo dove la vuole. È certo anzi, perché, se le ha dato appuntamento, deve sapere dove lei sarà. Che avrà voluto dire dicendo: “sponsali compiuti?”».
Filippo, che lo ha guardato un momento e poi lo ha lasciato monologare, geme: «Io non saprò che dirgli se viene… Io sono fuggito… e sento che fuggirò. Prima per paura degli uomini. Ora per paura di Lui».
«Dicono tutti: “è bellissimo”. Può mai essere più bello di quanto già era?», si chiede Bartolomeo.
«Io gli dirò: “Mi hai perdonato senza parola quando ero pubblicano. Perdonami anche ora col tuo silenzio, perché non merita la mia viltà la tua parola”», dice Matteo.
«Longino dice che ha pensato: “Devo chiedergli di guarire o di credere?”. Ma ha detto il suo cuore: “Di credere”, e allora la Voce ha detto: “Vieni a Me”, ed egli ha sentito la volontà di credere e la guarigione insieme. Me lo ha proprio detto così», afferma Giuda d’Alfeo.
«Io sono sempre fisso al pensiero di Lazzaro, premiato subito per la sua offerta… L’ho detto io pure: “La mia vita per la tua gloria”. Ma non è venuto», sospira lo Zelote.
4«Che dici, Simone? Tu che sei colto, dimmi: che gli devo dire per fargli capire che lo amo e chiedo perdono? E tu, Giovanni? Tu hai parlato molto con la Madre. Aiutami. Non è pietà lasciare solo il povero Pietro!».
Giovanni si muove a compassione dell’avvilito compagno e dice: «Ma… ma io gli direi semplicemente: “Ti amo”. Nell’amore è compreso anche il desiderio del perdono e il pentimento. Però… non so. Simone, che dici tu?».
E lo Zelote: «Io direi quello che era il grido dei miracoli: “Gesù pietà di me!”. Direi: “Gesù”. E basta. Perché è ben più del Figlio di Davide!».
«È ben quello che penso e che mi fa tremare. Oh! io nasconderò il capo… Anche stamane avevo paura di vederlo e…».
«…e poi sei entrato per primo. Ma non temere così. Sembra che tu non lo conosca», lo rincuora Giovanni.
5La stanza si illumina vivamente come per un lampo abbagliante. Gli apostoli si celano il viso temendo sia un fulmine. Ma non odono rumore e alzano il capo.
Gesù è in mezzo alla stanza, presso la tavola. Apre le braccia dicendo: «La pace sia con voi».
Nessuno risponde. Chi più pallido, chi più rosso, lo fissano tutti con paura e soggezione. Affascinati e nello stesso tempo vogliosi quasi di fuggire.
Gesù fa un passo avanti, aumentando il suo sorriso. «Ma non temete così! Sono Io. Perché così turbati? Non mi desideravate? Non vi avevo fatto dire che sarei venuto? Non ve lo avevo detto fin dalla sera pasquale?». […] (Segue nel riquadro qui a fianco)
Buona Festa della Divina Misericordia!!
La Pace sia con voi.
Giovanna