Domenica delle Palme ‘De Passione Domini’ – Anno C

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Libro di Isaia 50,4-7. 
Il Signore Dio mi ha dato una lingua da iniziati, perché io sappia indirizzare allo sfiduciato una parola. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come gli iniziati. 
Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. 
Ho presentato il dorso ai flagellatori, la guancia a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. 
Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto confuso, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare deluso. 

 

Lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi 2,6-11. 
Il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; 
ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, 
umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. 
Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; 
perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; 
e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre. 

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 22,14-71.23,1-56. 
Quando fu l’ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, 
e disse: «Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, 
poiché vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio». 
E preso un calice, rese grazie e disse: «Prendetelo e distribuitelo tra voi, 
poiché vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non venga il regno di Dio». 
Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me». 
Allo stesso modo dopo aver cenato, prese il calice dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi». 
«Ma ecco, la mano di chi mi tradisce è con me, sulla tavola. 
Il Figlio dell’uomo se ne va, secondo quanto è stabilito; ma guai a quell’uomo dal quale è tradito!». 
Allora essi cominciarono a domandarsi a vicenda chi di essi avrebbe fatto ciò. 
Sorse anche una discussione, chi di loro poteva esser considerato il più grande. 
Egli disse: «I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno il potere su di esse si fanno chiamare benefattori. 
Per voi però non sia così; ma chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve. 
Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve. 
Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove; 
e io preparo per voi un regno, come il Padre l’ha preparato per me, 
perché possiate mangiare e bere alla mia mensa nel mio regno e siederete in trono a giudicare le dodici tribù di Israele. 
Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; 
ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli». 
E Pietro gli disse: «Signore, con te sono pronto ad andare in prigione e alla morte». 
Gli rispose: «Pietro, io ti dico: non canterà oggi il gallo prima che tu per tre volte avrai negato di conoscermi». 
Poi disse: «Quando vi ho mandato senza borsa, né bisaccia, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?». Risposero: «Nulla». 
Ed egli soggiunse: «Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così una bisaccia; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. 
Perché vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra i malfattori. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo termine». 
Ed essi dissero: «Signore, ecco qui due spade». Ma egli rispose «Basta!». 
Uscito se ne andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. 
Giunto sul luogo, disse loro: «Pregate, per non entrare in tentazione». 
Poi si allontanò da loro quasi un tiro di sasso e, inginocchiatosi, pregava: 
«Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». 
Gli apparve allora un angelo dal cielo a confortarlo. 
In preda all’angoscia, pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra. 
Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. 
E disse loro: «Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione». 
Mentre egli ancora parlava, ecco una turba di gente; li precedeva colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, e si accostò a Gesù per baciarlo. 
Gesù gli disse: «Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo?». 
Allora quelli che eran con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: «Signore, dobbiamo colpire con la spada?». 
E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio destro. 
Ma Gesù intervenne dicendo: «Lasciate, basta così!». E toccandogli l’orecchio, lo guarì. 
Poi Gesù disse a coloro che gli eran venuti contro, sommi sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: «Siete usciti con spade e bastoni come contro un brigante? 
Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete steso le mani contro di me; ma questa è la vostra ora, è l’impero delle tenebre». 
Dopo averlo preso, lo condussero via e lo fecero entrare nella casa del sommo sacerdote. Pietro lo seguiva da lontano. 
Siccome avevano acceso un fuoco in mezzo al cortile e si erano seduti attorno, anche Pietro si sedette in mezzo a loro. 
Vedutolo seduto presso la fiamma, una serva fissandolo disse: «Anche questi era con lui». 
Ma egli negò dicendo: «Donna, non lo conosco!». 
Poco dopo un altro lo vide e disse: «Anche tu sei di loro!». Ma Pietro rispose: «No, non lo sono!». 
Passata circa un’ora, un altro insisteva: «In verità, anche questo era con lui; è anche lui un Galileo». 
Ma Pietro disse: «O uomo, non so quello che dici». E in quell’istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. 
Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: «Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte». 
E, uscito, pianse amaramente. 
Frattanto gli uomini che avevano in custodia Gesù lo schernivano e lo percuotevano, 
lo bendavano e gli dicevano: «Indovina: chi ti ha colpito?». 
E molti altri insulti dicevano contro di lui. 
Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i sommi sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al sinedrio e gli dissero: 
«Se tu sei il Cristo, diccelo». Gesù rispose: «Anche se ve lo dico, non mi crederete; 
se vi interrogo, non mi risponderete. 
Ma da questo momento starà il Figlio dell’uomo seduto alla destra della potenza di Dio». 
Allora tutti esclamarono: «Tu dunque sei il Figlio di Dio?». Ed egli disse loro: «Lo dite voi stessi: io lo sono». 
Risposero: «Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? L’abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca». 
Tutta l’assemblea si alzò, lo condussero da Pilato 
e cominciarono ad accusarlo: «Abbiamo trovato costui che sobillava il nostro popolo, impediva di dare tributi a Cesare e affermava di essere il Cristo re». 
Pilato lo interrogò: «Sei tu il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». 
Pilato disse ai sommi sacerdoti e alla folla: «Non trovo nessuna colpa in quest’uomo». 
Ma essi insistevano: «Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea fino a qui».
Udito ciò, Pilato domandò se era Galileo 
e, saputo che apparteneva alla giurisdizione di Erode, lo mandò da Erode che in quei giorni si trovava anch’egli a Gerusalemme. 
Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto, perché da molto tempo desiderava vederlo per averne sentito parlare e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. 
Lo interrogò con molte domande, ma Gesù non gli rispose nulla. 
C’erano là anche i sommi sacerdoti e gli scribi, e lo accusavano con insistenza. 
Allora Erode, con i suoi soldati, lo insultò e lo schernì, poi lo rivestì di una splendida veste e lo rimandò a Pilato. 
In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici; prima infatti c’era stata inimicizia tra loro. 
Pilato, riuniti i sommi sacerdoti, le autorità e il popolo, 
disse: «Mi avete portato quest’uomo come sobillatore del popolo; ecco, l’ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in lui nessuna colpa di quelle di cui lo accusate; 
e neanche Erode, infatti ce l’ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. 
Perciò, dopo averlo severamente castigato, lo rilascerò». 
Ma essi si misero a gridare tutti insieme: «A morte costui! Dacci libero Barabba!». 
Questi era stato messo in carcere per una sommossa scoppiata in città e per omicidio. 
Pilato parlò loro di nuovo, volendo rilasciare Gesù. 
Ma essi urlavano: «Crocifiggilo, crocifiggilo!». 
Ed egli, per la terza volta, disse loro: «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato nulla in lui che meriti la morte. Lo castigherò severamente e poi lo rilascerò». 
Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso; e le loro grida crescevano. 
Pilato allora decise che la loro richiesta fosse eseguita. 
Rilasciò colui che era stato messo in carcere per sommossa e omicidio e che essi richiedevano, e abbandonò Gesù alla loro volontà. 
Mentre lo conducevano via, presero un certo Simone di Cirène che veniva dalla campagna e gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù. 
Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. 
Ma Gesù, voltandosi verso le donne, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. 
Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: Beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mammelle che non hanno allattato. 
Allora cominceranno a dire ai monti: Cadete su di noi! e ai colli: Copriteci! 
Perché se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?». 
Venivano condotti insieme con lui anche due malfattori per essere giustiziati. 
Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. 
Gesù diceva: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno». Dopo essersi poi divise le sue vesti, le tirarono a sorte. 
Il popolo stava a vedere, i capi invece lo schernivano dicendo: «Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto». 
Anche i soldati lo schernivano, e gli si accostavano per porgergli dell’aceto, e dicevano: 
«Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». 
C’era anche una scritta, sopra il suo capo: Questi è il re dei Giudei. 
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!». 
Ma l’altro lo rimproverava: «Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? 
Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male». 
E aggiunse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». 
Gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso». 
Era verso mezzogiorno, quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. 
Il velo del tempio si squarciò nel mezzo. 
Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo spirò. 
Visto ciò che era accaduto, il centurione glorificava Dio: «Veramente quest’uomo era giusto». 
Anche tutte le folle che erano accorse a questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornavano percuotendosi il petto. 
Tutti i suoi conoscenti assistevano da lontano e così le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, osservando questi avvenimenti. 
C’era un uomo di nome Giuseppe, membro del sinedrio, persona buona e giusta. 
Non aveva aderito alla decisione e all’operato degli altri. Egli era di Arimatèa, una città dei Giudei, e aspettava il regno di Dio.
Si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. 
Lo calò dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo depose in una tomba scavata nella roccia, nella quale nessuno era stato ancora deposto. 
Era il giorno della parascève e gia splendevano le luci del sabato. 
Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono la tomba e come era stato deposto il corpo di Gesù, 
poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo secondo il comandamento. 

 
 
 
Carissimi,
come tutti ben sapete la liturgia della Domenica delle Palme si suddivide in due parti, una prima parte che ci racconta l’entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme e una seconda parte che ci narra tutta la Passione secondo Luca.
Per quello che riguarda i testi valtortiani mi limiterò quindi a darvi solo l’entrata a Gerusalemme, riservandomi di passarvi poi giorno per giorno i testi della Settimana Santa come al solito.
 
 
Maria Valtorta: L’Evangelo come mi è stato rivelato. [590.1-21] – ed. CEV
 
1Gesù passa il suo braccio sulle spalle di sua Madre, che si è alzata quando Giovanni e Giacomo d’Alfeo l’hanno raggiunta per dirle: «Tuo Figlio viene», e poi sono tornati indietro per riunirsi ai compagni che procedono lentamente, parlando, mentre Tommaso e Andrea sono corsi verso Betfage per cercare l’asina e l’asinello e condurli a Gesù.
Gesù intanto parla alle donne. «Eccoci presso alla città. Io vi consiglio di andare. E andare sicure. Entrate prima di Me in città. Presso En Rogel sono tutti i pastori e i più fidi discepoli. Hanno ordine di farvi scorta e protezione».
«È che… Abbiamo parlato con Aser di Nazaret e Abele di Betlemme di Galilea e anche con Salomon. Erano venuti fin qui per spiare il tuo arrivo. La folla prepara gran festa. E noi si voleva vedere… Vedi come si scuotano le cime degli ulivi? Non è vento che le agita così. Ma è la gente che coglie rami per spargerne la via e farti velo al sole. E là?! Guarda là, stanno spogliando le palme dei loro ventagli. Sembrano grappoli e sono uomini saliti sui fusti a cogliere e cogliere… E, sui pendii, vedi curvi i bambini a cogliere fiori. E le donne certo spogliano orti E giardini da corolle e da erbe odorose per giuncarti il cammino di fiori. Noi si voleva vedere… e imitare il gesto di Maria di Lazzaro, che raccolse tutti i fiori premuti dal tuo piede quando entrasti nel giardino di Lazzaro», prega Maria Cleofe per tutte.
Gesù carezza sulla guancia la sua vecchia parente, che sembra una bambina vogliosa di vedere uno spettacolo, e le dice: «Nella gran folla non vedresti nulla. Andate avanti. Alla casa di Lazzaro, quella che ha per custode Mattia. Passerò di là e mi vedrete dall’alto».
«Figlio mio… e vai solo? Non posso starti vicino?», dice Maria alzando il volto così triste e fissando i suoi occhi di cielo sul suo dolce Figlio.
«Vorrei pregarti di stare nascosta. Come la colomba nella fessura della rupe. Più della tua presenza mi è necessaria la tua preghiera, Mamma diletta!».
«Se è così, Figlio mio, noi pregheremo. Tutte. Per Te».
«Sì. Dopo averlo visto passare, verrete con noi nel mio palazzo di Sion. E io manderò dei servi al Tempio e sempre dietro al Maestro, perché essi ci portino i suoi ordini e le sue notizie», decide Maria di Lazzaro, sempre rapida nell’afferrare ciò che è il migliore da farsi e a farlo senza indugio.
«Hai ragione, sorella. Benché mi dolga non seguirlo, comprendo la giustizia dell’ordine. E, del resto, Lazzaro ci ha detto di non contraddire il Maestro in cosa alcuna, ma di ubbidirlo anche nella cose più tenui. E lo faremo».
«E allora andate. Vedete? Le vie si animano. Stanno per raggiungermi gli apostoli. Andate. La pace sia con voi. Vi farò venire nelle ore che giudicherò buone. Mamma, addio. Abbi pace. Dio è con noi». La bacia e congeda. E le ubbidienti discepole se ne vanno sollecite.
2I dieci apostoli raggiungono Gesù. «Le hai mandate avanti?».
«Sì. Vedranno da una casa la mia entrata».
«Da quale casa?», chiede Giuda di Keriot.
«Eh! sono ormai tante le case amiche!», dice Filippo.
«Non da Annalia?», insiste l’Iscariota.
Gesù risponde negativamente e si incammina verso Betfage, che è poco lontana.
Gli è prossimo quando tornano indietro i due mandati a prendere l’asina e l’asinello. Gridano: «Abbiamo trovato come Tu hai detto e ti avremmo condotto gli animali. Ma il padrone di essi volle strigliarli e ornarli delle migliori bardature per onorarti. E i discepoli, uniti a quelli che hanno passato la notte nelle vie di Betania per onorarti, vogliono avere l’onore di condurteli, e noi abbiamo annuito. Ci è parso che il loro amore meritasse un premio».
«Avete fatto bene. Andiamo avanti, intanto».
«Sono molti i discepoli?», chiede Bartolomeo.
«Oh! una moltitudine. Non si riesce a penetrare per le vie di Betfage. Per questo ho detto a Isacco di condurre l’asino da Cleante il formaggiaio», risponde Tommaso.
«Hai fatto bene. Andiamo sino a quel balzo del colle. E attendiamo un poco all’ombra di quegli alberi».
Vanno dove Gesù indica.
«Ma ci allontaniamo! Tu superi Betfage girandola alle spalle!», esclama l’Iscariota.
«E se voglio farlo, chi me lo può impedire? Sono forse già prigioniero, che non mi sia lecito di andare dove voglio? E c’è forse fretta che Io lo sia e si teme che Io possa sfuggire alla cattura? E se giudicassi giusto di allontanarmi per luoghi più sicuri, c’è alcuno che lo potrebbe impedire?». Gesù dardeggia i suoi occhi sul Traditore, che non apre più bocca e si stringe nelle spalle come per dire: «Fa’ ciò che ti pare».
Girano infatti dietro alle spalle del paesello, direi un sobborgo della stessa città, perché dal lato ovest è proprio poco lontano dalla città, facente già parte delle pendici dell’Uliveto che corona Gerusalemme nel lato orientale. In basso, fra le pendici e la città, il Cedron brilla al sole d’aprile.
Gesù si siede in quel silenzio verde e si concentra nei suoi pensieri. Poi si alza e va proprio sul ciglio del balzo.
 
3Dice Gesù: «Qui metterai la visione del 31 luglio 1944: “Gesù che piange su Gerusalemme”, dalla frase che ti do detta per inizio di visione». E poi riprende a mostrarmi le fasi della sua entrata trionfale.
 
30 luglio 19444Non so come farò a descrivere, perché mi sento tanto male di cuore che non sto seduta che a fatica. Ma tanto è così. Devo scrivere ciò che vedo.
Mi si illumina il Vangelo di oggi, 9a domenica dopo la Pentecoste.
Da un poggio presso Gerusalemme Gesù guarda la città stessa ai suoi piedi. Non è un poggio molto alto. Al massimo come può esserlo il piazzale di S. Miniato a monte, a Firenze; ma basta perché l’occhio domini sulla distesa di tutte le case e delle vie, che salgono e scendono su e giù per le piccole elevazioni di terreno che costituiscono Gerusalemme. Questo colle è certo molto più alto, se si prende il livello più basso della città, di quanto non sia il Calvario, ma è più vicino alla cinta di quello. Proprio ha inizio appena fuori delle mura e si alza con un balzo ripido dalla parte delle stesse, mentre dall’altra scende mollemente  verso una campagna tutta verde che si stende verso est. Almeno mi pare l’oriente, se giudico bene la luce solare.
Gesù e i suoi sono sotto un ciuffo di alberi, all’ombra, seduti. Si riposano del cammino fatto. Poi Gesù si alza, lascia lo spiazzo alberato dove erano seduti e si porta proprio sul ciglio del balzo. La sua alta persona si staglia netta sul vuoto che lo circondo. Pare ancora più alta, dritta così, e sola. Tiene le mani conserte sul petto, sul mantello azzurro, e guarda serio serio.
Gli apostoli l’osservano. Ma lo lasciano fare senza muoversi né parlare. Devono pensare che Egli si sia isolato per pregare.
Ma Gesù non prega. Dopo aver lungamente guardato la città in ogni suo rione, in ogni suo poggio, in ogni sua particolarità, talora con lunghi sguardi su questo o quel punto, talaltra con minore insistenza, Gesù si mette a piangere. Senza scosse o rumore. Le lacrime gonfiano l’orbita, poi sgorgano e rotolano sulle guance e cadono… Lacrimosi silenziosi e tanto tristi. Come di chi sa che deve piangere, solo, senza sperare conforto e comprensione da alcuno. Per un dolore che non può essere annullato e che deve essere sofferto, assolutamente.
5Il fratello di Giovanni, per la sua posizione, è il primo che vede quel pianto e lo dice agli altri, che si guardano l’un l’altro stupiti.
«Nessuno di noi ha fatto male», dice uno; e un altro: «Anche dalla folla non ebbe insulti. Non vi fu fra essa nessuno a Lui nemico». «Perché piange, allora?», chiede il più anziano di tutti.
Pietro e Giovanni si alzano insieme e si accostano al Maestro. Pensano che l’unica cosa da farsi sia fargli sentire che lo amano e chiedere che ha.
«Maestro, Tu piangi?», dice Giovanni posando la sua testa bionda sulla spalla di Gesù, che è più alto di lui di tutto il collo e il capo.
E Pietro, posandogli una mano alla cintura, cingendolo quasi di un braccio per attirarlo a sé, gli dice: «Cosa ti addolora, Gesù? Dillo a noi che ti amiamo».
Gesù appoggia la guancia sulla testa bionda di Giovanni e, disserando le braccia, passa a sua volta il braccio sulla spalla di Pietro. Restano così abbracciati tutti e tre, in una posa di tanto amore. Ma il pianto continua a gocciare.
Giovanni, che lo sente scendere fra i suoi capelli, torna a chiedere: «Perché piangi, Maestro mio? Forse da noi ti viene pena?».
Gli altri apostoli si sono riuniti al gruppo amoroso e ansiosamente attendono una risposta.
«No», dice Gesù. «Non da voi. Voi mi siete amici e l’amicizia, quando è sincera, è balsamo e sorriso, mai pianto. 6Vorrei che amici mi rimaneste sempre. Anche ora che entreremo nella corruzione, che fermenta e che corrompe chi non ha volontà decisa di rimanere onesto».
«Dove andiamo, Maestro? Non a Gerusalemme? La folla ti ha già salutato con letizia. Vuoi Tu deluderla? Andiamo forse in Samaria per qualche prodigio? Proprio ora che la Pasqua è vicina?». Le domande sono fatte da diversi contemporaneamente.
Gesù alza le mani imponendo silenzio e poi con la destra accenna la città. Un gesto largo come di uno che semini avanti a sé. E dice: «Quella è la Corruzione. Noi entriamo in Gerusalemme. Noi vi entriamo. E solo l’Altissimo sa come vorrei santificarla portandovi la Santità che viene dai Cieli. Risantificarla, questa che dovrebbe essere la Città santa. Ma non potrò farle nulla. Corrotta è e corrotta rimane. E i fiumi di santità che sgorgano dal Tempio vivo, e che ancor più sgorgheranno a giorni sino a lasciarlo vuoto di vita, non saranno sufficienti a redimerla. ((G Quindi non è servits la Passione e Morte di Gesù per redimere Gerusalemme, ecco  il perché del pianto di Gesù e della distruzione della Città Santa? nel 70 DC!))  Verrà al Santo la Samaria e il mondo pagano. Sui templi bugiardi sorgeranno i templi del Dio vero. I cuori dei gentili adoreranno il Cristo. Ma questo popolo, questa città gli sarà sempre nemica, e il suo odio la porterà al più grande peccato. 7Ciò deve avvenire. Ma guai a coloro che saranno strumenti di questo delitto. Guai!…».
Gesù guarda fissamente Giuda che gli è quasi di fronte.
«Ciò a noi non avverrà mai. Noi siamo i tuoi apostoli e crediamo in Te, pronti a morire per Te». Giuda mente spudoratamente e sostiene lo sguardo di Gesù senza impaccio. Gli altri uniscono le loro proteste.
Gesù risponde a tutti evitando di rispondere a Giuda direttamente.
«Voglia il Cielo che tali voi siate. Ma molta debolezza è ancora in voi, e la tentazione potrebbe rendervi simili a coloro che mi odiano. Pregate molto e molto vegliate su voi. Satana sa che sta per esser vinto e vuole vendicarsi strappandovi a Me. Satana è intorno a noi tutti. A Me per impedirmi di fare la volontà del Padre e compiere la mia missione. A voi per fare di voi dei suoi servi. Vegliate. Entro quelle mura Satana prenderà colui che non saprà esser forte. Colui per il quale maledizione sarà stato l’esser eletto, perché fece della sua elezione uno scopo umano. Vi ho eletti per il Regno dei Cieli e non per quello del mondo. Ricordatevelo. 8E tu, città che vuoi la tua rovina e sulla quale Io piango, sappi che il tuo Cristo prega per la tua redenzione. Oh! se almeno in quest’ora che ti resta tu sapessi venire a Chi sarebbe la tua pace! Almeno comprendessi in quest’ora l’Amore che passa fra te e ti spogliassi dell’odio che ti fa cieca e folle, crudele a te stessa e al tuo bene! Ma verrà il giorno in cui ricorderai quest’ora! Troppo tardi allora per piangere e pentirti! L’Amore sarà passato e scomparso dalle tue strade, e resterà l’Odio che tu hai preferito. E l’Odio sarà verso te, verso i tuoi figli. Poiché si ha ciò che si è voluto, e l’odio si paga con l’odio. E non sarà allora odio di forti contro l’inerme. Ma odio contro odio, e perciò guerra e morte. Stretta da trincee e armati, languirai prima d’esser distrutta e vedrai cadere i tuoi figli per armi e per fame, e i superstiti andare prigionieri e scherniti, e chiederai misericordia, né più la troverai, poiché non hai voluto conoscere la tua Salute. Piango, amici, poiché ho cuore d’uomo e le rovine della patria ne traggono lacrime. Ma ciò è giusto si compia poiché la corruzione supera, fra queste mura, ogni limite e attira il castigo di Dio. Guai ai cittadini causa del male della patria! Guai ai rettori che ne sono la principale causa! Guai a coloro che dovrebbero esser santi per portare gli altri ad essere onesti e invece profanano la Casa del loro ministero e se stessi! Venite. A nulla gioverà la mia azione. Ma facciamo che la Luce splenda ancora una volta fra le Tenebre!».
E Gesù scende seguito dai suoi. Va velocemente per la via con un viso serio e direi quasi accigliato.Né più parla. Entra in una casetta ai piedi del colle, né vedo più altro.
 
9Dice Gesù:
«La scena narrata da Luca pare senza connessione, quasi illogica. Compiango le sventure di una città colpevole e non so compatire le abitudini di detta città? No. Non le so, non le posso compatire, poiché anzi sono proprio queste abitudini che generano le sventure; e il vederle acutizza il mio dolore. La mia ira sui profanatori del Tempio è logica conseguenza della mia meditazione sulle prossime sventure di Gerusalemme.
Sono sempre le profanazioni al culto di Dio, alla Legge di Dio, quelle che provocano i castighi del Cielo. Facendo della Casa di Dio una spelonca di ladri, quei sacerdoti indegni e quegli indegni credenti (di nome soltanto) attiravano su tutto il popolo maledizione e morte. Inutile dare questo o quel nome al male che fa soffrire un popolo. Cercate il giusto nome in questo: “Punizione per un vivere da bruti”. Dio si ritira e il Male si avanza. Ecco il frutto di una vita nazionale indegna del nome di cristiana.
Come allora, anche ora, in questo scorcio di secolo, non ho mancato con prodigi di scuotere e richiamare. Ma, come allora, non ho attirato su Me e i miei strumenti che scherno, indifferenza e odio. Singoli e nazioni però ricordino che inutilmente piangono quando avanti non vollero conoscere la loro salvezza. Inutilmente mi invocano quando nell’ora in cui ero con loro mi cacciarono con una guerra sacrilega che, partendo dalle singole coscienze, devote al Male, si sparse per tutta la Nazione. Le Patrie non si salvano tanto con le armi quanto con una forma di vita che attiri le protezioni del Cielo.
Riposa, piccolo Giovanni. E fa’ di esser sempre fedele alla tua elezione. Va’ in pace».
Che fatica! Non ce la faccio proprio…
 
 [30 marzo 1947]
10Quasi Gesù non fa a tempo ad entrare nella casa benedicendone gli abitanti, quando si sentono un allegro suonar di bubboli e voci a festa. E subito dopo il volto scarno e pallido di Isacco appare nella fessura dell’uscio, e il pastore fedele entra e si prostra davanti al suo Signore Gesù.
Nell’inquadratura della porta spalancata si pigiano volti e volti e, dietro, altri se ne vedono… Un urtarsi, un pigiarsi, un voler farsi largo… Qualche grido di donna, qualche pianto di bambino preso in mezzo alla ressa, e grida di saluto, esclamazioni a festa: «Felice questo giorno che a noi ti riporta! La pace a Te, Signore! Ben torni, o Maestro, a premiare la nostra fedeltà».
Gesù si alza in piedi e fa gesto di parlare. Tacciono tutti e netta si sente la voce di Gesù. «Pace a voi! Non vi accalcate. Ora saliremo insieme al Tempio. Sono venuto per stare con voi. Pace! Pace! Non fatevi male. Fate largo, miei diletti! Lasciatemi uscire e seguitemi, ché entreremo insieme nella Città santa».
11La gente, bene o male, ubbidisce, e si fa un poco di largo, tanto che Gesù possa uscire e montare sull’asinello. Perché Gesù indica il puledro, sino allora mai cavalcato, come sua cavalcatura, e allora dei ricchi pellegrini, che si pigiano fra la folla, stendono sulla groppa di questo i loro sontuosi mantelli, e uno si pone con un ginocchio a terra e l’altro a far da gradino al Signore, che siede sulla groppa del puledro d’asina, e il viaggio si inizia, mentre Pietro cammina a un lato del Maestro e Isacco dall’altro, tenendo le briglie della bestia non doma, che però procede tranquilla come fosse usa a quell’ufficio, senza imbizzarrirsi o spaventarsi dei fiori che, gettati come sono verso Gesù, colpiscono sovente la bestiola negli occhi e sul morbido muso, né dei rami di ulivo e delle foglie di palma agitate davanti e intorno ad esso, gettate in terra a far tappeto coi fiori, né dei gridi sempre più forti di: «Osanna, Figlio di Davide!», che salgono al cielo sereno, mentre la folla sempre più infittisce e si accresce per nuovi venuti.
Passare da Betfage, fra le viette strette e contorte, non è facile cosa, e le madri devono prendere in braccio i bambini, e gli uomini proteggere le donne da urti troppo violenti, e qualche padre si pone sulle spalle a cavalluccio il figliolino e lo porta alto sulla folla così, mentre le vocine dei bimbi sembrano belati di agnelli o stridi di rondini e le loro manine gettano fiori e foglie d’ulivo, che le madri porgono, e baci anche, al mite Gesù…
Usciti dalla strettoia della piccola borgata, il corteo si ordina e distende, e molti volonterosi vanno avanti a far da battistrada per preparare sgombra la via, e altri li seguono spargendo di rami il suolo, e uno per primo getta il suo mantello a far da tappeto, e un altro, e quattro, e dieci, e cento, e mille lo imitano. La via ha al centro una striscia multicolore di vesti stese al suolo e, passato Gesù, le vesti sono raccolte e portate più avanti, con altre, con altre, e sempre fiori, rami, foglie di palma vengono agitati e gettati, e gridi più forti vengono innalzati intorno e in onore del Re d’Israele, al Figlio di Davide, al suo Regno!
12I soldati di guardia alla porta escono a vedere che cosa succede. Ma non è sedizione, ed essi, appoggiati alle loro lance, si fanno da lato, osservando stupiti o ironici lo strano corteo di quel Re che cavalca un puledro d’asina, bello come un dio, umile come il più povero degli uomini, mite, benedicente… circondato da donne e bambini e da uomini disarmati gridanti: «Pace! Pace!», di questo Re che, prima di entrare nella città, sosta un momento all’altezza dei sepolcri dei lebbrosi di Ionnon e di Siloan (credo di dire bene questi luoghi, dove ho visto miracoli di lebbrosi altre volte) e, puntandosi l’unica staffa in cui poggia il suo piede, essendo seduto sull’asino, non a cavallo dell’asino, si alza in piedi e apre le braccia gridando in direzione di quelle pendici orrende (dove volti e corpi paurosi si affacciano guardando verso Gesù e alzano il grido lamentoso dei lebbrosi: «Siamo infetti!», a respingere degli imprudenti che, pur di vedere bene Gesù, salirebbero anche sui corrotti e infetti scaglioni): «Chi ha fede in Me invochi il mio Nome ed abbia salute per quello!», e benedice riprendendo il commino e ordinando a Giuda di Keriot: «Comprerai cibi per i lebbrosi e con Simone li porterai ad essi avanti sera».
13Quando il corteo entra sotto la volta della porta di Siloan e poi, come un torrente, si riversa entro la città passando per il borgo di Ofel – nel quale ogni terrazza è divenuta una piccola aerea piazza colma di popolo osannante, che getta fiori e rovescia profumi giù, nella via, cercando di gettarli sul Maestro, e l’aria è satura dell’odore dei fiori morenti sotto i passi delle turbe e di essenze che si spargono nell’aria prima di cadere fra la polvere della via – il grido della folla sembra aumentare e farsi forte, come ognuno lo urlasse in una buccina, perché i numerosi archivolti dei quali è piena Gerusalemme lo amplificassero con risonanze continue.
Sento gridare, e credo voglia dire ciò che dicono gli evangelisti: «Scialem, Scialem melchil!», (o malchit: cerco di rendere il suono delle parole, ma è difficile, perché hanno aspirazioni che noi non abbiamo). Un grido continuo, simile all’urlo di un mare in tempesta, nel quale non è ancora caduto il fragor del maroso che schiaffeggia spiagge e scogliere che un altro maroso lo raccoglie e rialza in novello fragore, senza tregua mai. Ne sono assordita!
Profumi, odori, gridi, agitarsi di rami e di vesti, colori, urli… È una visione che sbalordisce.
14Vedo rimescolarsi continuamente la folla, apparire e sparire volti conosciuti: tutti i discepoli di tutti i luoghi di Palestina, tutti i seguaci… Vedo per un attimo Giairo, vedo Jaia il giovinetto di Pella (mi pare) che era cieco come sua madre e che Gesù guarì, vedo Gioacchino di Bozra e quel contadino del piano di Saron coi fratelli, vedo il vecchio e solitario Mattia di quel luogo presso il Giordano (sponda orientale) presso il quale Gesù si rifugiò mentre tutto era inondato, vedo Zaccheo con i suoi amici convertiti, vedo il vecchio Giovanni di Nobe con quasi tutti i cittadini, vedo il marito di Sara di Jutta… Ma chi può tener dietro a volti e nomi, se è un caleidoscopio di visi noti e ignoti, veduti più volte o una sola?… Ecco ora il viso del pastorello preso a Ennon. E, vicino a lui, il discepolo di Corozim che lasciò di seppellire il padre per seguire Gesù; e vicino a lui, per un momento, il padre e la madre di Beniamino di Cafarnao col loro figliolo, che per poco cade sotto le zampe dell’asinello per gettarsi avanti a ricevere una carezza di Gesù.
15E – purtroppo! – volti di farisei e di scribi, lividi di ira per questo trionfo, che fendono prepotenti il cerchio di amore che si stringe intorno a Gesù e gli urlano: «Fa’ tacere questi pazzi! Richiamali alla ragione! Solo Dio va osannato. Di’ che tacciano!».
Al che Gesù risponde dolcemente: «Anche se Io dicessi di tacere e questi mi ubbidissero, le pietre griderebbero i prodigi del Verbo di Dio».
Perché infatti la gente – oltre che gridare: «Osanna, osanna, al Figlio di Davide! Benedetto Colui che viene nel nome del Signore. Osanna a Lui e al suo Regno! Dio è con noi! L’Emmanuele è venuto. È venuto il Regno del Cristo del Signore! Osanna! Osanna dalla Terra sino all’alto dei Cieli! Pace! Pace, mio Re! Pace e benedizione a Te, Re santo! Pace e gloria nei Cieli e in Terra! Gloria a Dio per il suo Cristo! Pace agli uomini che lo sanno accogliere. Pace in Terra agli uomini di buona volontà e gloria nei Cieli altissimi, perché l’ora del Signore è venuta» (e chi grida quest’ultimo grido è il gruppo compatto dei pastori che ripetono in grido natalizio) – oltre questi gridi continui, la gente di Palestina narra ai pellegrini della Diaspora i miracoli che hanno visto, e a chi non sa ciò che avviene, perché straniero di passaggio fortuitamente dalla città e che chiede: «Ma chi è Costui? Che avviene?», spiegano: «È Gesù! Gesù, il Maestro di Nazaret di Galilea! Il Profeta! Il Messia del Signore! Il Promesso! Il Santo!».
Da una casa, e da poco è sorpassata la porta perché l’andare è lentissimo in tanta confusione, esce un gruppo di robusti giovani portando alti dei vasi di rame pieni di carboni accesi e di incenso, che arde spargendo nubi di fumo odoroso. E il gesto è raccolto e ripetuto, e molti corrono avanti o tornano indietro, alle case, per farsi dare fuoco e resine odorose da ardere in omaggio del Cristo.
16La casa di Annalia appare. La terrazza, inghirlandata di vite dalle foglie novelle tremolanti ad un mite vento di aprile, ha sul lato della via tutta una fila di giovinette biancovestite e biancovelate, al centro delle quali è Annalia, con cesti di petali di rose sfogliate e di mughetti che già volteggino nell’aria.
«Le vergini di Israele ti salutano, Signore!», dice Giovanni, che si è fatto largo ed è ora al fianco di Gesù, attirando la sua attenzione sulla ghirlanda di purezza che si sporge sorridendo dal parapetto a spargere la via di petali rossi come sangue e di mughetti bianchi come perle.
Gesù trattiene per un attimo le redini e arresta il puledro d’asina. Alza il volto e la mano a benedire quella verginità di Lui innamorata sino a rinunciare ad ogni altro amore terreno.
E Annalia si protende e grida: «Il tuo trionfo io l’ho visto, o mio Signore! Prendi la mia vita per la tua glorificazione universale!», e con un grido altissimo, mentre Gesù passa sotto la sua casa e procede, lo saluta: «Gesù!».
E un altro, diverso grido, supera il clamore delle turbe. Ma la gente, pur sentendolo, non si arresta. È un fiume di entusiasmo, un fiume di popolo in delirio che non può sostare. E mentre le ultime onde di questo fiume sono ancor fuori della porta, le prime onde già assalgono le salite che conducono al Tempio.
17«Tua Madre!», grida Pietro accennando ad una casa quasi all’angolo di una via che sale al Moria e per la quale si incanala il corteo. E Gesù alza il volto a sorridere a sua Madre, che è lassù fra le donne fedeli.
L’intoppo di una numerosa carovana arresta il corteo pochi metri dopo che la casa è superata. E mentre Gesù sosta con gli altri, carezzando i bambini che le madri gli porgono, accorre un uomo e si fa largo urlando: «Lasciatemi passare! Una donna è morta. Una fanciulla. All’improvviso. La madre invoca il Maestro. Lasciatemi passare! Egli già l’ha salvata una volta!».
La gente fa largo e l’uomo corre presso Gesù: «Maestro, la figlia di Elisa è morta. Ti ha salutato con quel grido, poi si è piegata indietro dicendo: “Io son felice” ed è spirata. Il suo cuore si è franto nel gran tripudio di vederti trionfante. Sua madre mi ha visto sulla terrazza accanto alla sua casa e mi ha mandato a chiamarti. Vieni, Maestro!».
«Morta! Morta Annalia! Ma se era sana, florida, felice solo ieri?». Gli apostoli si affollano agitati, i pastori pure. Tutti l’hanno vista ieri in perfetta salute. Poco fa l’hanno vista rosea, ridente… Non si capacitano della sciagura… Chiedono, domandano i particolari…
«Non so.Tutti avete sentito le sue parole. Parlava forte, sicura. Poi la vidi piegarsi indietro più bianca delle sue vesti e udii gridare la madre… Altro non so».
18«Non vi agitate. Non è morta. È caduto un fiore e gli angeli di Dio lo hanno raccolto per portarlo in seno ad Abramo. Presto il giglio della Terra si aprirà felice in Paradiso, ignorando per sempre l’orrore del mondo. Uomo, di’ ad Elisa che non pianga la sorte della sua creatura. Dille che essa ebbe una grande grazia da Dio e che fra sei giorni comprenderà qual grazia Dio fece alla figlia sua. Non piangete. Non pianga nessuno. Il suo trionfo è ancor più grande del mio, perché alla vergine fanno corteo gli angeli per condurla alla pace dei giusti. Ed è trionfo eterno che salirà di grado senza mai conoscere discesa. In verità vi dico che per voi tutti, ma non per Annalia, avete ragione di piangere. Andiamo». E ripete agli apostoli e a chi lo circonda: «È caduto un fiore. Si è adagiato in pace e gli angeli lo hanno raccolto. Beata la pura di carne e cuore perché presto vedrà Iddio».
«Ma come, di che è morta, Signore?», chiede Pietro che non si capacita.
«D’amore. D’estasi. Di gaudio infinito. Felice morte!».
Chi è molto avanti non sa, chi è molto indietro non sa. E perciò gli osanna continuano anche se qui, presso a Gesù, si è fatto un cerchio di pensoso silenzio.
È Giovanni che lo rompe: «Oh! vorrei la stessa sorte prima delle ore future!».
«Io pure», dice Isacco. «Vorrei vedere il volto della fanciulla morta d’amore per Te…».
«Vi prego di sacrificarmi il vostro desiderio. Ho bisogno della vostra vicinanza…».
«Non ti lasceremo, Signore. Ma a quella madre non un conforto?», chiede Natanaele.
«Provvederò ad esso…».
19Sono alle porte della cinta del Tempio. Gesù scende dall’asinello, che uno di Betfage prende in custodia.
Occorre tenere presente che Gesù non si è fermato alla prima porta del Tempio, ma ha costeggiato la cinta, fermandosi soltanto quando è sul lato nord della cinta, vicino all’Antonia. È là che scende ed entra nel Tempio, come per far vedere che non si nasconde al potere dominante, sentendosi innocente in ogni sua azione.
Il primo cortile del Tempio mostra la solita gazzarra di cambiavalute e venditori di colombe, passeri e agnelli, soltanto che ora i venditori sono lasciati in asso perché tutti sono accorsi a vedere Gesù. E Gesù entra, solenne nella sua veste purpurea, e gira lo sguardo su quel mercato e su un gruppo di farisei e scribi che lo osservano da sotto il portico.
Il suo volto sfolgora di sdegno. Balza al centro del cortile. Uno scatto improvviso che pare un volo. Il volo di una fiamma, ché di fiamma è la sua veste nel sole che inonda il cortile. E tuona con una voce potente: «Via dalla casa del Padre mio! Non è questo luogo di usura e di mercato. Sta scritto: “La mia casa sarà chiamata casa di orazione”. Perché dunque l’avete mutata in spelonca di ladroni, questa casa nella quale è invocato il Nome del Signore? Via! Mondate la mia Casa. Che non vi avvenga che, in luogo di usar le funi, Io vi colpisca con i fulmini dell’ira celeste. Via! Fuori di qui i ladri, i barattieri, gli impudichi, gli omicidi, i sacrileghi, gli idolatri della peggiore idolatria, quella del proprio io superbo, i corruttori e i menzogneri. Fuori! Fuori! O che Dio altissimo, Io ve lo dico, spazzerà per sempre questo luogo e farà le sue vendette su tutto un popolo».
Non ripete la fustigazione dell’altra volta, ma, visto che mercanti e cambiavalute stentano ad ubbidire, va al banco più vicino e lo ribalta spargendo bilance e monete al suolo.
I venditori e i  cambiavalute si affrettano a porre in atto l’ordine di Gesù, dopo che hanno avuto questo primo esempio. E Gesù grida dietro a loro: «E quante volte dovrò dire che questo luogo non deve essere luogo d’immondezza ma di preghiera?». E guarda quelli del Tempio che, ubbidienti agli ordini ponteficali, non fanno un gesto di rappresaglia.
20Mondato il cortile, Gesù va verso i portici dove sono raccolti ciechi, paralitici, muti, storpi e altri malati, che lo invocano a gran voce.
«Che volete voi che Io vi faccia?».
«La vista, Signore! Le membra! Che mio figlio parli! Che mia moglie risani. Noi crediamo in Te, Figlio di Dio!».
«Dio vi ascolti. Sorgete e osannate al Signore!».
Non cura uno per uno i molti malati. Ma fa un gesto largo con la mano, e grazia e salute scende da essa sugli infelici, che sorgono sani con gridi di giubilo che si mescolano a quelli dei molti bambini, che si stringono a Lui ripetendo: «Gloria, gloria al figlio di Davide! Osanna a Gesù Nazareno, Re dei re e Signore dei signori!».
Dei farisei, con finta deferenza, gli gridano: «Maestro, li senti? Questi fanciulli dicono ciò che non va detto. Riprendili! Che tacciano!».
«E perché? Il re profeta, il re della mia stirpe, non ha forse detto: “Dalla bocca dei fanciulli e dei lattanti hai fatto sgorgare la lode perfetta, a confusione dei tuoi nemici”? Non avete letto queste parole del salmista? Lasciate che i pargoli dicano le mie lodi. Sono loro suggerite dai loro angeli, che vedono costantemente il Padre mio e ne sanno i segreti e li suggeriscono a questi innocenti. Ora lasciatemi tutti andare ad orare al Signore», e passano davanti alla gente passa nell’atrio degli Israeliti per pregare…
E poi, uscendo per un’altra porta, rasentando la piscina Probativa, esce dalla città tornando sui colli del monte Uliveto.
21Gli apostoli sono entusiasti… Il trionfo li ha fatti sicuri e dimentichi, completamente dimentichi di tutti i terrori che le parole del Maestro avevano suscitato… Parlano di tutti… Ardono di sapere di Annalia. A stento Gesù li trattiene dall’andare, assicurando che provvederà in modo che sa Lui… Sordi, sordi, sordi ad ogni voce d’avviso divino… Uomini, uomini, uomini, che un grido di osanna smemora da ogni cosa…
Gesù parla ai servi di Maria di Magdala, che lo hanno raggiunto al Tempio, e poi li licenzia…
«E ora dove andiamo?», chiede Filippo.
«A casa di Marco di Giona?», dice Giovanni.
«No. Al campo dei Galilei. Forse saranno venuti i miei fratelli e vorrei salutarli», dice Gesù.
«Lo potrai fare domani», gli osserva il Taddeo.
«Buona cosa è fare mentre si può fare. Andiamo dai Galilei. Saranno contenti di vederci. Voi avrete notizie delle famiglie. Io vedrò i bambini…».
«E questa sera? Dove dormiremo? In città? In che luogo? Dove è tua Madre? O da Giovanna?», chiede Giuda Iscariota.
«Non so. Certo non in città. Forse ancora sotto qualche tenda Galilea..».
«Ma perché?».
«Perché sono il Galileo e amo la patria mia. Andiamo».
Si rimettono in cammino salendo verso il campo dei Galilei, che è sull’Uliveto verso Betania e che è tutto un biancheggiare di tende al lieto sole d’aprile.
 
 
Buona meditazione e buona festa!
La Pace sia con voi.
 
Giovanna
 
Domenica delle Palme ‘De Passione Domini’ – Anno Cultima modifica: 2013-03-23T06:08:50+01:00da dio_amore
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