SANTISSIMA TRINITA’ (ANNO A)

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Grado della Celebrazione: SOLENNITA’
Colore liturgico: Bianco
 
PRIMA LETTURA (Es 34,4-6.8-9)
Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso.
Dal libro dell’Èsodo

SECONDA LETTURA (2Cor 13,11-13)
La grazia di Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo.
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

VANGELO (Gv 3,16-18)
Dio ha mandato il Figlio suo perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo:

«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».

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  Carissimi,
il Vangelo di domenica prossima ci invita a meditare sull’Amore infinitamente Misericordioso di Dio, che ha mandato il Suo Figlio Unigenito, il Suo Verbo ad incarnarsi non per giudicare la Terra, ma per l’istruzione e la salvezza di tutti gli uomini, da Adamo fino all’ultimo uomo che camminerà sulla faccia del pianeta, quando  il Signore con il Suo “Basta!” farà finire per sempre  l’esperienza umana sulla terra.
Ci dice però altresì, a chiare lettere, che chi non crederà in questo Amore che si è fatto Uomo per redimerci, da sé si condannerà! Non facciamo l’errore di credere che perché Dio è infinitamente Misericordioso tutto ci sia concesso e tutto si possa fare fidando nell’immunità , perché questo non è vero. Non facciamo anche noi l’errore che fecero gli Ebrei che in quanto  figli di Abramo credettero tutto fosse loro lecito fino ad arrivare al Deicidio! Tutto si può riparare, anche il Deicidio, finché si è vivi, ma una volta giunti nell’al di là nulla ci sarà più possibile cambiare!
Chi muore impenitente si danna e non c’è per lui più speranza di salvezza.
Così quello stesso Gesù che non è stato mandato per giudicare la  terra, sarà però il nostro Giusto Giudice nel momento del Giudizio Particolare e poi nuovamente nel Giudizio Finale.
Prima della Passione e Morte di Gesù, gli spiriti dei trapassati venivano giudicati dal Padre e severamente giudicati. Infatti a causa del corruccio divino e della condanna data ai Progenitori (e di conseguenza a tutti i loro discendenti), nessun’anima di trapassato poteva godere della visione beatifica di Dio ed entrare perciò nel Paradiso. Le simboliche porte erano state chiuse e nessuno, per buono che fosse stato nella sua prova terrena, poteva aprirle, neanche Abramo, neanche Giuseppe, il padre putativo di Gesù. Infatti tutti gli spiriti dei “Giusti”, si trovavano nel Limbo: nel “Seno di Abramo” e lì attendevano la promessa Redenzione.
Questo succedeva (e succede tuttora) perché, dopo il Peccato Originale, ogni anima, nell’attimo dell’infusione nella carne concepita  [1] dai discendenti dei due Peccatori, Adamo ed Eva, muore alla Grazia e pertanto non può santificarsi se non umanamente
Con la Sua Passione e Morte e la Sua assoluta obbedienza alla Volontà del Padre, Gesù, l’Uomo-Dio (nella Sua duplice natura umana e divina) ci ottiene questo perdono e di conseguenza la riapertura del Paradiso. Con i Sacramenti donati  a tutti gli uomini dopo la Sua Risurrezione, mette ogni uomo, che lo voglia, in condizione di essere salvato e di diventare erede del Suo Regno.
Già con l’Incarnazione, come Egli stesso ci rivela[2], Gesù ha avuto dal Padre il potere di istruire e giudicare la Creazione e questo potere lo eserciterà, come già detto, una prima volta col Giudizio Particolare e poi, in forma completa (ad anima e corpo) e irreversibile (nessuno potrà più cambiare stato) nel Giudizio Finale. […]
 

 Eccovi ora quanto riportano gli Scritti valtortiani circa lo specifico Vangelo di oggi:
116.   Il colloquio con Nicodemo.
 
24 febbraio 1945.
 
[…] «Hai detto, Simone, che Lazzaro ti ha mandato Isacco con Massimino, oggi, mentre Io ero presso la torre di Davide. Che voleva?».
«Voleva dirti che Nicodemo è da lui e che voleva parlarti in segreto. Mi sono permesso di dire: “Che venga. Il Maestro lo attenderà nella notte”. Non hai che la notte per essere solo. Per questo ti ho detto: “Congeda tutti, meno Giovanni e me”. Gio­vanni serve per andare al ponte del Cedron ad attendere Nico­demo, che è in una delle case di Lazzaro, fuori le mura. Io ser­vivo a spiegare. Ho fatto male?».
«Hai fatto bene. Vai, Giovanni, al tuo posto».
Restano soli Simone e Gesù. Gesù è pensieroso. Simone ri­spetta il suo silenzio. Ma Gesù lo rompe d’improvviso e, come terminando ad alta voce un interno discorso, dice: «Sì. É bene fare così. Isacco, Elia, gli altri, bastano per tenere viva l’idea che già si afferma fra i buoni e negli umili. Per i potenti… vi sono altre leve. Vi è Lazzaro, Cusa, Giuseppe, altri ancora… Ma i potenti… non mi vogliono. Temono e tremano per il loro potere. Io andrò lontano da questo cuore giudeo, sempre più ostile al Cristo».
«Torniamo in Galilea?».
«No. Ma lontano da Gerusalemme. La Giudea va evangeliz­zata. É Israele essa pure. Ma qui, lo vedi… Tutto serve ad ac­cusarmi. Mi ritiro. E per la seconda volta…».
«Maestro, ecco Nicodemo», dice Giovanni entrando per primo. Si salutano e poi Simone prende Giovanni ed esce dalla cu­cina, lasciando soli i due.
«Maestro, perdona se ti ho voluto parlare in segreto. Diffido per Te e per me di molti. Non tutta viltà la mia. Anche pruden­za e desiderio di giovarti più che se ti appartenessi apertamen­te. Tu hai molti nemici. Io sono uno dei pochi che qui ti ammi­rano. Mi sono consigliato con Lazzaro. Lazzaro è potente per nascita, temuto perché in favore presso Roma, giusto agli occhi di Dio, saggio per maturazione di ingegno e cultura, tuo vero amico e mio vero amico. Per tutto questo ho voluto parlare con lui. E sono felice che egli abbia giudicato nel mio stesso modo. Gli ho detto le ultime… discussioni del Sinedrio su Te».
«Le ultime accuse. Di’ pure le verità nude come sono».
«Le ultime accuse. Sì, Maestro. Io ero in procinto di dire: “Ebbene, io pure sono dei suoi”. Tanto perché in quell’assem­blea ci fosse almeno uno che fosse in tuo favore. Ma Giuseppe, che mi era venuto vicino, mi ha sussurrato: “Taci. Teniamo oc­culto il nostro pensiero. Ti dirò poi”. E uscito di là ha detto; sì, ha detto: “Giova di più così. Se ci sanno discepoli, ci tengono all’oscuro di quanto pensano e decidono, e possono nuocergli e nuocerci. Come semplici studiosi di Lui, non ci faranno sotter­fugi”. Ho capito che aveva ragione. Sono tanto… cattivi! An­che io ho i miei interessi e i miei doveri… e così Giuseppe… Capisci, Maestro».
«Non vi dico nessuna rampogna. Prima che tu venissi, dice­vo questo a Simone. E ho deciso anche di allontanarmi da Gerusalemme».
«Ci odi perché non ti amiamo!».
«No. Non odio neppure i nemici».
«Tu lo dici. Ma così è. Hai ragione. Ma che dolore per me e Giuseppe! E Lazzaro? Che dirà Lazzaro, che proprio oggi ha deciso di farti dire di lasciare questo luogo per andare in una delle sue proprietà di Sionne. Tu sai? Lazzaro è potente in ric­chezza. Buona parte della città è sua e così molte terre di Pale­stina. Il padre, al suo censo ed a quello di Eucheria della tua tribù e famiglia, aveva unito quanto era ricompensa dei roma­ni al servitore fedele, ed ai figli ha lasciato ben grande eredità. E, quel che più conta, una velata ma potente amicizia con Ro­ma. Senza quella, chi avrebbe salvato dall’improperio tutta la casa dopo l’infamante condotta di Maria, il suo divorzio, solo avuto perché era “lei”, la sua vita di licenza in quella città che è suo feudo e in Tiberiade che è l’elegante lupanare dove Roma e Atene hanno fatto letto di prostituzione per tanti del popolo eletto? Veramente, se Teofilo siro fosse stato un proselite più convinto, non avrebbe dato ai figli quella educazione elleniz­zante che uccide tanta virtù e semina tanta voluttà e che, be­vuta ed espulsa senza conseguenze da Lazzaro, e specie da Marta, ha contagiato e proliferato nella sfrenata Maria, ed ha fatto di lei il fango della famiglia e della Palestina. No, senza la potente ombra del favore di Roma, più che ai lebbrosi, sa­rebbe stato mandato a loro anatema. Ma posto che così è, ap­profittane».
 «No. Mi ritiro. Chi mi vuole verrà a Me».
«Ho fatto male a parlare!».
Nicodemo è accasciato. (segue nel riquadro qui a fianco)
 
Buona e Santa giornata.
Giovanna
 
SANTISSIMA TRINITA’ (ANNO A)ultima modifica: 2011-06-17T06:27:05+02:00da dio_amore
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