SQUARCI DI LUCI SULLA VITA TERRENA DI MARIA SS.

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Dice poi Gesù: 

«Dopo questa visione metterai quella che ti ho dato nella primavera 1944, quella in cui Io chiedevo alla Madre mia le sue impressioni sugli apostoli. Ormai le loro figure morali han­no già dato sufficienti bagliori perché possa esser messa qui quella visione, senza creare scandalo in nessuno. Non avevo bisogno del consiglio di alcuno. Ma quando eravamo soli, men­tre i discepoli erano sparsi in famiglie amiche o per le borga­telle vicine, durante le soste mie a Nazaret, come m’era dolce parlare e chiedere consiglio alla mia dolce Amica, la Mamma, e avere conferma, dalla sua bocca di grazia e sapienza, di quan­to già Io avevo visto. Non sono mai stato altro che “il Figlio” con Lei. E fra i nati di donna non ci fu una madre più “madre” di Lei, in tutte le perfezioni delle materne virtù umane e mora­li, né ci fu figlio più “figlio” di Me nel rispetto, nella confiden­za, nell’amore.
Ed ora che anche voi avete avuto un minimo di conoscenza coi Dodici, delle loro virtù, dei loro difetti, del loro carattere, delle loro lotte, c’è ancora qualcuno che dice che mi fu facile unirli, elevarli, formarli? E c’è ancora qualcuno che giudica es­sere facile la vita dell’apostolo, e per essere un apostolo, ossia, sovente, per credersi tale, giudica avere diritto ad una vita pia­na, senza dolori, contrasti, sconfitte?
C’è ancora qualcuno che, perché mi serve, pretende che Io sia il suo servo e faccia mira­coli a getto continuo in suo favore, facendo della sua vita un tappeto fiorito, facile, umanamente glorioso? La mia via, il mio lavoro, il mio servizio è la croce, il dolore, le rinunce, il sacrifi­cio. L’ho fatto Io. Lo facciano coloro che si vogliono dire “miei”. Questo non è per i Giovanni, ma per i dottori malcon­tenti e difficili. E ancora per i dottori del cavillo dico che ho usato il termine “zio” e “zia”, inusato nelle lingue palestinesi, per chiari­re e definire una irrispettosa questione sulla mia condizione di Unigenito di Maria e sulla Verginità pre e post parto di mia Madre, la quale mi ebbe per spirituale e divino connubio e, lo si ripeta ancora una volta, non conobbe altre unioni, né ebbe altri parti.Carne inviolata, che neppure Io lacerai, chiusa sul mistero di un seno-tabernacolo, trono della Trinità e del Verbo incarnato».
 
L’Evangelo come mi è stato rivelato, cap. 101. Gesù interroga la Madre in merito ai discepoli, ed. Cev.
 
Sera del 13 febbraio 1944.
 
Ora vedo, due ore circa dopo la su descritta, la casa di Nazareth. Riconosco la stanzetta dell’addio, aperta sull’orticello dove ora le piante sono tutte coperte di fronde. Gesù è con Maria. Seduti l’uno presso l’altra sul sedile di pietra contro la casa. Sembra che la cena sia già avvenuta e che, mentre gli altri, se altri ve ne sono – io non vedo nessuno – si sono già ritirati, Madre e Figlio si beino a vicenda in una dolce conversazione. La voce interna mi dice che è quella una delle prime volte che Gesù torna a Nazareth dopo il battesimo, il digiuno del de­serto e la costituzione del collegio apostolico soprattutto. Egli narra alla Madre le sue prime giornate di evangelizza­zione, le prime conquiste di cuori.
Maria pende dalle labbra del suo Gesù. É più magra, Maria, più pallida, come avesse sofferto in questo tempo. Sotto i suoi occhi si sono scavate due ombre, come quelle di chi molto piange e pensa. Ma ora è felice e sorride. Sorride accarezzando la mano del suo Gesù. É felice di averlo là, di stare cuore a cuore con Lui nel silenzio della sera che scende.
Deve essere estate, perché già il fico ha i suoi primi frutti maturi che si stendono fin verso la casa, e Gesù ne coglie alcu­ni alzandosi in piedi, ed i più belli li dà alla Madre, sbuccian­doli con cura e offrendoli in una corona di buccia rovesciata, come fossero boccioli bianchi striati di rosso, fra una corolla di petali candidi dentro, violacei di fuori. Li offre sulla palma della sua mano e sorride vedendo che la Mamma li gusta.
Poi, a bruciapelo, le chiede: «Mamma, hai visto i discepoli? Che ne pensi?».
Maria, che sta per portare alla bocca il terzo fico, alza il ca­po, sospende il gesto, trasale, guarda Gesù.
«Che ne pensi, ora che te li ho mostrati tutti?», incalza Gesù.
«Credo che ti amino e che potrai ottenere da loro molto. Giovanni… amalo Giovanni come Tu sai amare. É un angelo. Io sono in pace quando penso che è con Te. Anche Pietro… è buono. Più duro perché più vecchio, ma schietto e convinto. E suo fratello. Essi ti amano così come sono capaci, per ora. Poi ti ameranno di più. Anche i cugini nostri, ora che si sono con­vinti, ti saranno fedeli. Ma l’uomo di Keriot… quello non mi piace, Figlio. Il suo occhio non è limpido e il suo cuore meno ancora. Mi fa paura».
«Con te è tutto rispetto».
«Troppo rispetto. Anche con Te è tutto rispetto. Ma non è per Te Maestro; è per Te futuro Re, da cui spera utile e lustro. Era un nulla, appena un poco da più degli altri a Keriot. Spera di avere al tuo fianco un ruolo di importanza e… oh! Gesù, non voglio offendere la carità, ma penso, anche se pensare non lo voglio, che in caso che Tu lo deluda egli non esiterà a sostituir­si a Te, a cercare di farlo. É ambizioso, avido e vizioso. Più adatto ad essere cortigiano di un re terreno che un apostolo tuo, Figlio mio. Mi fa paura!».
 E la Mamma guarda il suo Gesù con due occhi sgomenti nel viso pallido.
Gesù sospira. Pensa. Guarda sua Madre. Le sorride per rin­cuorarla: «Anche questo ci vuole, Mamma. Se non fosse lui, sa­rebbe un altro.
Il mio Collegio deve rappresentare il mondo, e nel mondo non tutti sono angeli e non tutti sono della tempra di Pietro e Andrea. Se scegliessi tutte le perfezioni, come po­trebbero le povere anime malate osare sperare di divenire mie discepole? Io sono venuto a salvare ciò che è perduto, Mamma. Giovanni è salvo di suo. Ma quanti non lo sono!».
«Non ho paura di Levi. Egli si è redento perché si è voluto redimere. Ha lasciato il suo peccato insieme al suo banco di gabelliere e si è fatto un’ anima nuova per venire con Te. Ma Giuda di Keriot no. Anzi l’orgoglio fa sempre più sua la sua vecchia anima brutta. Ma Tu le sai queste cose, Figlio. Perché me le chiedi? Io non posso che pregare e piangere per Te. Tu sei il Maestro. Anche della tua povera Mamma».
La visione cessa qui. 
 
                                                                            

La pace sia con voi.
Giovanna

 

SQUARCI DI LUCI SULLA VITA TERRENA DI MARIA SS.ultima modifica: 2011-06-18T22:25:15+02:00da dio_amore
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