PASQUA DI RISURREZIONE 2011

Carissimi,
dopo tanto dolore finalmente ecco arriva la Gioia del Cristo Risorto! Arriva soprattutto e prima di tutto a Maria Ss., quale giusto (sebbene non ancora ufficialmente riconosciuto) premio per la Sua Fedeltà e la Sua Fede diamantina e incrollabile e poi alla seconda grande Amatrice del Cristo, Maria Maddalena e alle Pie Donne.
Meditiamo queste visioni e ascoltiamo poi come fossimo presenti davanti a Lui, come tanti piccoli scolari, le spiegazioni di Gesù riguardo alla Sua Risurrezione!
 
 Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 20,1-9. 
Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand’era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. 
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». 
Uscì allora Simon Pietro insieme all’altro discepolo, e si recarono al sepolcro. 
Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 
Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. 
Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, 
e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. 
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 
Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti. 
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Maria Valtorta: L’Evangelo come mi è stato rivelato. [617.1-6]
 
Nell’ortaglia è tutto silenzio e brillio di rugiade. Sopra di essa un cielo che si fa di uno zaffiro sempre più chiaro, dopo avere lasciato il suo blu- nero trapunto di stelle che per tutta la notte aveva vegliato sul mondo. L’alba respinge da oriente ad occidente queste zone ancora oscure come fa l’onda durante un’alta marea che sempre più avanza, coprendo il lido scuro e sostituendo il bigio nero dell’umida rena e della scogliera coll’azzurro dell’acqua marina.
Qualche stellina non vuole ancora morire e occhieggia sempre più debole sotto l’onda di luce bianco verdina dell’alba, di un latteo sfumato di bigio, come le fronde degli ulivi assonnati che fanno corona a quel poggio poco lontano. E poi naufraga sommersa dall’onda dell’alba, come una terra che l’acqua sormonta. E ce ne è una di meno… E poi ancora una di meno… e un’altra, e un’altra. Il cielo perde i suoi greggi di stelle e solo là, sull’estremo occidente, tre, poi due, poi una, restano a riguardare quel prodigio quotidiano che è l’aurora che sorge.
Ed ecco che, quando un filo di rosa mette una linea sulla sete turchese del cielo orientale, un sospiro di vento passa sulle fronde e sulle erbe, e dice: «Destatevi. Il giorno è risorto». Ma non sveglia che le fronde e le erbe, che rabbrividiscono sotto i loro diamanti di rugiada ed anno un fruscio tenue, arpeggiato di gocce che cadono. Gli uccelli ancora non si destano fra i rami folti di un altissimo cipresso che pare domini come un signore nel suo regno, né nell’aggrovigliato intreccio di una siepe di allori che fa riparo al vento di tramontano.
2Le guardie annoiate, infreddolite, assonnate, in varie pose vegliano il Sepolcro, la cui porta di pietra è stata rinforzata, al suo orlo, da un grosso strato di calcina, come fosse un contrafforte, sul bianco opaco della quale spiccano i larghi rosoni di cera rossa, impressi con altri, direttamente nella calcina fresca, del sigillo del Tempio.
Le guardie devono avere acceso un fuochetto nella notte, perché vi è della cenere e dei tizzi mal bruciati al suolo, e devono avere giocato e mangiato, perché sono ancora sparsi resti di cibo e dei piccoli ossi puliti, certo usati per qualche giuoco, uso il nostro domino o il nostro fanciullesco giuoco delle biglie, giocati su una primitiva scacchiera tracciata sul sentiero. Poi si sono stancate ed hanno lasciato tutto in asso, cercando pose più o meno comode per dormire o per vegliare.
3Nel cielo, che ora ha, all’oriente, una plaga tutta rosata che sempre più si estende nel cielo sereno, dove per altro ancora non è raggio di sole, si affaccia, venendo da profondità sconosciute, una meteora splendentissima, che scende, palla di fuoco di insostenibile splendore, seguita da una scia rutilante, che forse non è altro che il ricordo del suo fulgore nella nostra retina. Scende velocissima verso la Terra, spargendo una luce così intensa, fantasmagorica, paurosa nella sua bellezza, che la luce rosata dell’aurora se ne annulla, superata da questa incandescenza bianca.
Le guardie alzano il capo stupite, anche perché, con la luce, viene un boato potente, armonico, solenne, che empie di sé tutto il Creato. Viene da profondità paradisiache. È l’alleluia, il gloria angelico, che segue lo Spirito del Cristo che torna nella sua Carne gloriosa.
La meteora si abbatte contro l’inutile serrame del Sepolcro, lo divelle, lo atterra, fulmina di terrore e di fragore le guardie messe a carcerieri del Padrone dell’Universo, dando, col suo tornare sulla Terra, un nuovo terremoto, come lo aveva dato quando dalla terra era fuggito questo Spirito del Signore. Entra nel buio Sepolcro, che si fa tutto chiaro della sua luce indescrivibile, e mentre questa permane sospesa nell’aria immobile, lo Spirito si rinfonde nel Corpo immoto sotto le funebri bende.
Tutto questo non in un minuto, ma in frazione di minuto, tanto l’apparire, lo scendere, il penetrare e scomparire della Luce di Dio è stato rapido…
4Il «Voglio» del divino Spirito alla sua fredda Carne non ha suono. Esso è detto dall’Essenza alla Materia immobile. Ma nessuna parola viene percepita da orecchio umano. La Carne riceve il comando e ubbidisce ad esso con un fondo respiro… Null’altro per qualche minuto.
Sotto il sudario e la sindone la Carne gloriosa si ricompone in bellezza eterna, si desta dal sonno di morte, ritorna dal «niente» in cui era vive dopo essere stato morta. Certo il cuore si desta e dà il primo battito, spinge nelle vene il gelato sangue superstite e subito ne crea la totale misura nelle arterie svuotate, nei polmoni immobili, nel cervello oscurato, e riporta calore, sanità, forza, pensiero.
Un altro attimo, ed ecco un moto repentino sotto la sindone pesante. Così repentino che, dall’attimo in cui Egli certo muove le mani incrociate al momento in cui appare in piedi imponente, splendidissimo nella suo veste di immateriale materia, soprannaturalmente bello e maestoso, con una gravità che lo muta e lo eleva pur lasciandolo Lui, l’occhio fa appena in tempo ad afferrarne i trapassi. Ed ora lo ammira: così diverso da quanto la mente ricorda, ravviato, senza ferite né sangue, ma solo sfolgorante della luce che scaturisce a fiotti dalle cinque piaghe e si emana da ogni poro della sua epidermide.
5Quando muove il primo passo – e nel moto i raggi scaturenti dalle Mani e dai Piedi lo aureolano di lame di luce: dal Capo innimbato di un serto che è fatto dalle innumeri piccole ferite della corona che non dànno più sangue ma solo fulgore, all’orlo dell’abito quando, aprendo le braccia che ha incrociate sul petto, scopre la zona di luminosità vivissima che trapela dalla veste accendendola di un sole all’altezza del Cuore – all’ora realmente è la «Luce» che ha preso corpo. (Segue nel riquadro qui a fianco)
 La Pace del Cristo Risorto sia con tutti voi. Alleluia! Alleuia!!
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 Giovanna

PASQUA DI RISURREZIONE 2011ultima modifica: 2011-04-23T23:35:49+02:00da dio_amore
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