XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

Carissimi tutti,

il vangelo della prossima domenica ci riporta un’altra famosa parabola di Gesù: quella del giudice iniquo che per favorire l’amico ricco non voleva far giustizia alla vedova che reclamava quanto le era dovuto.

Trattandosi ancora una volta di un capitolo piuttosto lungo, trascrivo solo la parte centrale dove Gesù racconta la parabola. Il testo intero lo troverete nell’apposito riquadro a destra.

 ===============================================
XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
===============================================

 

Grado della Celebrazione: DOMENICA
Colore liturgico: Verde

PRIMA LETTURA (Es 17,8-13)
Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva.

Dal libro dell’Èsodo

 

SECONDA LETTURA (2Tm 3,14-4,2)
L’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo

VANGELO (Lc 18,1-8)
Dio farà giustizia ai suoi eletti che gridano verso di lui.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

 

Maria Valtorta: L’Evangelo come mi è stato rivelato. [505.5-6], ed. CEV

  

 

 LA PARABOLA DEL GIUDICE INIQUO

 

«Ascoltate questa parabola, che vi dirà il valore della preghiera costante.

Voi lo sapete ciò che dice il Deuteronomio parlando dei giudici e dei magistrati. Essi dovrebbero essere giusti e misericordiosi, ascoltando con equanimità chi ricorre a loro, pensando sempre di giudicare come se il caso che devono giudicare fosse un loro caso personale, senza tener conto di donativi o minacce, senza riguardi verso gli amici colpevoli e senza durezze verso coloro che sono in urto con gli amici del giudice. Ma, se sono giuste le parole della Legge, non sono altrettanto giusti gli uomini e non sanno ubbidire alla Legge. Così si vede che la giustizia umana è sovente imperfetta, perché rari sono i giudici che sanno conservarsi puri da corruzione, misericordiosi, pazienti verso i ricchi come verso i poveri, verso le vedove e gli orfani come lo sono verso quelli che non sono tali.

In una città c’era un giudice molto indegno del suo ufficio, ottenuto per mezzo di potenti parentele. Egli era oltremodo ineguale nel giudicare, essendo sempre propenso a dar ragione al ricco e al potente, o a chi da ricchi e potenti era raccomandato, oppure verso chi lo comperava con grandi donativi. Egli non temeva Dio e derideva i lagni del povero e di chi era debo­le perché solo e senza potenti difese. Quando non voleva ascoltare chi aveva così palesi ragioni di vittoria contro un ricco da non poter dare ad esso torto in nessuna maniera, egli lo faceva cacciare dal suo cospetto minacciandolo di gettarlo in carcere. E i più subivano le sue violenze ritirandosi sconfitti e rassegnati alla sconfitta prima ancora che la causa fosse discussa.

Ma in quella città c’era pure una vedova carica di figli, la quale doveva avere una forte somma da un potente per dei lavori eseguiti dal suo defunto sposo al ricco potente. Essa, spinta dal bisogno e dall’amore materno, aveva cercato di farsi dare dal ricco la somma che le avrebbe concesso di saziare i suoi figli e vestirli nel prossimo inverno. Ma, tornate vane tutte le pressioni e suppliche fatte al ricco, si rivolse al giudice.

Il giudice era amico del ricco, il quale gli aveva detto: “Se tu mi dai ragione, un terzo della somma è tuo”. Perciò fu sordo alle parole della vedova che lo pregava: “Rendimi giustizia del mio avversario. Tu vedi se io ne ho bisogno. Tutti possono dire se ho diritto a quella somma”. Fu sordo e la fece cacciare dai suoi aiutanti.

Ma la donna tornò una, due, dieci volte, alla mattina, a sesta, a nona, a sera, instancabile. E lo seguiva per via gridando: “Fammi giustizia. I miei figli hanno fame e freddo. Né io ho denaro per acquistare farina e vesti”. Si faceva trovare sulla soglia della casa del giudice quando questi vi tornava per sedersi a tavola coi suoi figli. E il grido della vedova: “Fammi giustizia del mio avversario, ché ho fame e freddo insieme alle mie creature” penetrava sino nell’interno della casa, nella stanza dei pasti, nella camera da letto durante la notte, insistente come il grido di un’upupa: “Fammi giustizia, se non vuoi che Dio ti colpisca! Fammi giustizia. Ricorda che la vedova e gli orfani sono sacri a Dio e guai a chi li conculca! Fammi giustizia se non vuoi soffrire un giorno ciò che noi soffriamo. La nostra fame! Il nostro freddo lo troverai nell’altra vita, se non fai giustizia. Misero te!”.

Il giudice non temeva Dio e non temeva il prossimo. Ma di esser sempre molestato, di vedersi divenuto oggetto di risa da parte di tutta la città per la persecuzione della vedova, e anche oggetto di biasimo, era stanco. Per questo un giorno disse fra sé: “Per quanto io non tema Dio, né le minacce della donna, né il pensiero dei cittadini, pure, per porre fine a tanta molestia, darò ascolto alla vedova e le farò giustizia obbligando il ricco a pagare. Basta che essa non mi perseguiti più e mi si levi d’intorno”. E chiamato l’amico ricco gli disse: “Amico mio, non è più possibile che io ti contenti. Fa’ il tuo dovere e paga, perché io non sopporto più di essere molestato per causa tua. Ho det­to”. E il ricco dovette sborsare la somma secondo giustizia.

6Questa è la parabola. Ora a voi applicarla.

Avete sentito le parole di un iniquo: “Per porre fine a tanta molestia darò ascolto alla donna”. Ed era un iniquo. Ma Dio, il Padre buonissimo, sarà forse inferiore al cattivo giudice? Non farà giustizia a quei suoi figli che lo sanno invocare giorno e notte?. E farà loro tanto attendere la grazia sino a che la loro anima accasciata cessa di pregare? Io ve lo dico: prontamente farà loro giustizia, perché la loro anima non perda la fede. Ma bisogna però anche saper pregare, senza stancarsi dopo le prime orazioni, e saper chiedere cose buone. E anche affidarsi a Dio dicendo: “Però sia fatto ciò che la tua Sapienza vede per noi più utile”.

Abbiate fede. Sappiate pregare con fede nella preghiera e con fede in Dio vostro Padre. Ed Egli vi farà giustizia contro coloro che vi opprimono. Siano essi uomini o demoni, malattie o altre sventure. La preghiera perseverante apre il Cielo, e la fede salva l’anima in qual che sia il modo che la preghiera sia ascoltata ed esaudita. Andiamo!».

E si avvia all’uscita. È quasi fuori della cinta quando, al­zando il capo ad osservare i pochi che lo seguono e i molti in­differenti od ostili che lo guardano da lontano, esclama trista­mente: «Ma quando il Figlio dell’uomo tornerà, troverà forse ancora della fede sulla Terra?», e sospirando si avvolge più strettamente nel suo mantello, camminando a grandi passi verso il borgo di Ofel.

 

Buona lettura e meditazione.

 

La pace sia con voi.

Giovanna

XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)ultima modifica: 2010-10-13T20:47:00+02:00da dio_amore
Reposta per primo quest’articolo